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I Cappuccini

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I Frati Cappuccini sono nati nel 1528 come una riforma dell’Ordine dei Frati Minori, perché desideravano una preghiera maggiormente contemplativa e una vita di povertà molto più rigorosa. Il loro patrimonio spirituale risale a San Francesco alla sua Regola e Testamento.

Non passò molto tempo dalla fondazione che i frati cappuccini – così chiamati a motivo del lungo cappuccino che portavano – si fecero notare come ferventi predicatori del Vangelo e servitori compassionevoli nei lazzaretti dove curavano i sofferenti del loro tempo. Memorabile è il ritratta che ne fece Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi.

Gli inizi

La loro diffusione fu repentina perché molti furono attratti dal modo di pregare, di predicare e dalla loro austerità, condivisione e servizio ai poveri. La fraternità cappuccini si diffuse nel giro di un secolo in tutta Europa. Oggi ci sono circa 11.000 frati Cappuccini sparsi in tutto il mondo.

Tutto ebbe inizio nel 1525 con il frate minore Matteo da Bascio, quando lasciò il suo convento di Montefalcone (diocesi di Fermo) per recarsi a Roma dal Papa. Voleva ottenere da sommo pontefice il permesso di vivere la Regola secondo il più stretto ideale francescano. Dopo alcune mesi fu seguito dai fratelli Ludovico e Raffaele Tenaglia di Fossombrone. Dato che erano considerati dei fuggiaschi dagli altri frati minori, trovarono accoglienza e protezione nel territorio di Camerino presso la duchessa Caterina Cibo, nipote del papa Clemente VII. Grazie forse alla sua intercessione il 3 luglio 1528 ottennero la bolla Religionis Zelus.

Il documento segnò l’inizio ufficiale della riforma cappuccina e diede la possibilità ad un gran numero di frati di realizzare l’ideale francescano secondo le loro più autentiche aspirazioni. Nella riforma entrarono eminenti figura dell’Osservanza francescana e questo assicurò l’esistenza dell’Ordine e ne garantì la diffusione.

Già nel 1535 i Cappuccini erano presenti in Veneto e in Lombardia, raggiungendo il numero di cinquecento frati. L’assetto definitivo fu dato nel Capitolo generale del 1535-1536, tenuto nel convento di Sant’Eufemia a Roma.

Nelle Costituzioni del 1536, dette di Sant’Eufemia, i frati optarono subito per un’osservanza molto rigorosa di quanto Francesco desiderava e voleva per il suo Ordine. Per questo ricercarono le intenzioni del fondatore non solo nella regola, ma anche negli esempi della sua vita, nella dottrina contenuta nei suoi scritti e soprattutto nel Testamento, ultima espressione della sua volontà e del suo ideale evangelico.

Fulminea diffusione

In una decina di anni la riforma contava 700 frati, divisi in dodici province religiose. Dopo cinquant’anni, contava 3500 religiosi in 18 province e 300 conventi. I tratti caratteristici che favoriscono la rapida diffusione dei Cappuccini: povertà estrema ed austerità, solitudine contemplativa e presenza in mezzo al popolo in ogni necessità. Lo stesso aspetto esterno fu motivo di ammirazione e di ispirazione.

Vita e apostolato

I Cappuccini scelsero una vita “quasi eremitica”. Costruirono i loro conventi fuori dalla città ma non molto lontano, perché altra caratteristica che li contraddistinse fu la predicazione al popolo. Credevano che l’annuncio della Parola di Dio, sull’esempio di Gesù Maestro, fosse uno più degni, utili, alti e divini uffici della Chiesa di Dio. La predicazione doveva essere semplice, popolare, evangelica, aderente ai bisogni del popolo e lontana dagli artifici letterari. Per questo suscitò ovunque un entusiasmo indescrivibile.

Con la predicazione, i Cappuccini diffusero pratiche devozionali ed importanti opere sociali fondando associazioni, confraternite e sodalizi con finalità benefiche e assistenziali. Molto efficace contro l’eresia protestante fu l’abbinamento della sapiente dottrina e della autentica testimonianza di vita.

In tutta la storia dei Cappuccini, l’impegno di perfezione evangelica rimase sempre fondamentale e nonostante la fervida attività in cui erano immersi diedero frutti di santità anche ufficialmente riconosciuta.

Tutto questo ebbe sempre l’ammirazione dei fedeli e particolarmente del popolo umile, che li ebbe vicini come amici e consiglieri spirituali al punto che divennero per antonomasia i “frati del popolo”.

ASOLO – Provincia e Diocesi di Treviso

Asolo rievoca alla mente il pensiero di Assisi. Incastonata nell’incantevole scenario delle Prealpi venete fra il Piave e il Brenta, a 250 m. s.l.m., la cittadina si apre sulla vasta pianura, mentre a settentrione il Monte Grappa la protegge dai gelidi venti del Nord e le assicura un clima eccezionalmente mite e un cielo terso e luminoso. Ma ciò che più suggerisce il pensiero di Assisi, è il tessuto urbano di Asolo: con i suoi vecchi edifici, le strette vie serpeggianti tra i palazzi, il castello, la rocca sovrastante l’abitato.

Sul luogo di un preesistente sacello dedicato allo Spirito Santo sorse, negli anni immediatamente successivi al 1586, il convento con l’annessa chiesa di S. Anna. Dopo alcuni anni dalla sua fondazione, fu donato da Camillo Rubini un pezzo di monticello, attiguo al muro del convento, con grande soddisfazione dei frati.

Fu lo stesso Pontefice Sisto V che concesse ai frati Cappuccini, con bolla papale di quell’anno, di organizzare il complesso religioso sul colle Messano (o “colmello di S. Anna”). L’11 ottobre 1592 si consacrò la chiesa dedicandola allo Spirito Santo.

Nel 1650 il convento contava quattordici celle, due infermerie, oltre ad altri luoghi comuni: vi abitavano normalmente dieci frati. I religiosi poterono condurre vita tranquilla fino al 1769 quando per decreto della Repubblica Veneta il convento venne chiuso e trasferito in proprietà del Comune nel 1775. Dopo un periodo di utilizzo da parte di privati, nel 1804 si propose di donare l’intero complesso ad Antonio Canova. L’idea non ebbe seguito e il convento tornò a ricoprire funzioni secondarie di lazzaretto, di caserma e di ricovero per i poveri.

Dopo un secolo e mezzo di alterne vicende e di semiabbandono, il vecchio convento poté alla fine ritrovare la primitiva e più consona destinazione con il ritorno dei Cappuccini avvenuto il 14 novembre 1928; allora assunse la denominazione di S. Anna da un altare che esisteva nella chiesa. In seguito alle disposizioni napoleoniche, che imponevano il trasferimento dei cimiteri al di fuori dei centri urbani, il “belvedere” del convento fu utilizzato come area sepolcrale e i frati ne divennero i custodi. Da allora illustri personaggi della vita asolana vennero a riposare per sempre in quest’eremo addormentato tra il verde silenzioso; tra essi Pacifico Scomazzetto, Vittor Luigi Paladini, e in tempi più recenti Manara Valgimigli, l’attrice Eleonora Duse e da ultima la viaggiatrice Freya Stark.

Il 14 agosto 1953 il comune di Asolo donò al convento il terreno dell’orto già in nostro uso e in uso perpetuo il bosco che circonda il piccolo cimitero di Sant’Anna.

La chiesetta, dedicata allo Spirito Santo e consacrata l’11 ottobre 1592, profuma, come l’abitazione dei frati, di semplicità e di essenzialità francescana, e ripete lo schema lineare delle antiche chiese cappuccine: un vano rettangolare, travature scoperte, un piccolo presbiterio con l’altare maggiore, e dietro, completamente separato, un modestissimo coro per i religiosi. All’esterno, la facciata della chiesa, nuda e semplice, è preceduta da un erboso sagrato, raccolto e solenne pur nella sua ristrettezza e umiltà, al quale si sale dalla via sottostante per una gradinata di pietra grezza. E questo concorre a dare alla stessa facciata un particolare risalto e a farla spiccare nell’azzurro del cielo.

Dal 1966 alla fine degli anni ottanta il convento di Asolo fu sede del centro regionale dell’Ordine Francescano Secolare (O.F.S.) e, successivamente, dopo un radicale restauro, fu riservato anche a “casa di preghiera”.

Ora il convento di Asolo è aperto all’accoglienza di singoli e piccoli gruppi per brevi esperienze di comunità e preghiera.

[Fonte: «I nostri luoghi: cenni storici e attività attuali», in Stato personale e locale, Curia provinciale, Venezia-Mestre 2017, pp. 26-27].

Contatti

Via S. Anna, 2
31011 Asolo (TV)
Tel. 0423 952103
Email: convento.asolo@cappuccinitriveneto.it
Sito: www.cappuccinitriveneto.it/asolo

BASSANO DEL GRAPPA – Provincia e Diocesi di Vicenza

L’attuale convento di Bassano del Grappa, presso la chiesa di S. Sebastiano, fu acquistato nel 1823, ma la prima sede dei Cappuccini in Bassano non era stata quella.

Nel 1568 si erano stabiliti a mezzogiorno della città, lungo il Brenta, in località Salbeghe, dove avevano costruito la chiesa di Ognissanti. Quel primo convento, anzi, aveva assunto per essi una particolare importanza, perché era stato per lunghi anni sede di noviziato e lì si erano formati alla vita francescana moltissimi religiosi. Si ricordano maestri dei novizi austeri, amanti delle nostre tradizioni, che seppero forgiare generazioni di Cappuccini. La storia ne ricorda alcuni: p. Mario da Viadana (†1620), p. Serafino da Sant’Eulalia (†1628), p. Geremia (Parisetto) da Venezia (†1624), p. Stefano bergamasco (†1630), p. Girolamo da Belluno (†1671), p. Benedetto da Verona (†1645).

Allontanati i religiosi nel 1810, il convento fu acquistato da un sacerdote diocesano, che lo adattò a orfanotrofio. I frati non poterono più riaverlo. Perciò quando ritornarono a Bassano, nel 1823, dovettero acquistare la chiesa di S. Sebastiano e il monastero annesso, siti lungo il Brenta nel borgo “Margnan”, dalla parte opposta della città.

La chiesa di S. Sebastiano era stata realizzata dalle monache Agostiniane negli anni 1482-1489 sul luogo di una preesistente chiesetta campestre dedicata a S. Pancrazio. La nuova chiesa era stata consacrata il 10 aprile 1489. Nel 1810, a seguito del decreto napoleonico, le monache lasciarono per sempre il complesso. Dopo la soppressione sabauda del 1867, dopo lunghe pratiche burocratiche, il Ministero riconobbe il diritto di proprietà privata ai Cappuccini, che si affrettarono a rientrare al convento di S. Sebastiano.

Il convento di Bassano fu per lungo tempo sede del noviziato. Qui si sono formati alla vita religiosa quasi tutti i Cappuccini dei tempi recenti. Ne ricordiamo alcuni: S. Leopoldo Mandic´ (1966-1942), che indossò l’abito religioso il 2 maggio 1884 nella cappellina che sorge in un angolo dell’orto; il Beato Andrea Giacinto Longhin (1863-1936), che fu poi vescovo di Treviso; e i vescovi Luca Ermenegildo Pasetto (1871-1954), Vigilio Federico Dalla Zuanna (1880-1956), Cornelio Sebastiano Cuccarollo (1870-1963), Ignazio Giovanni Battista Dal Monte (1897-1963), Giacinto Giovanni Ambrosi (1887-1965), Girolamo Bortignon (1905-1992), Afonso Nteka (1940-1991), Pierluigi Scarpa (1925-), Flavio Roberto Carraro (1932-), Anastácio Kahango (1937-), Serafim Shyngo ya Hombo (1945-). Un cenno particolare merita p. Roberto Cecchetto (1869 – 1939), oriundo da Nove, alla periferia di Bassano, entrato nel noviziato il 24 giugno 1898, quando era già sacerdote e laureato in teologia e filosofia, divenuto più tardi uno dei più robusti e travolgenti oratori del primo quarto del secolo scorso.

Dopo una parentesi di un paio d’anni a Belluno (1970-1972) e di una decina a Lendinara (RO) (1977-1987), nel 1988 la sede dell’anno di noviziato ritornò a Bassano. Vi rimase fino al settembre 1998, quando, per una maggiore collaborazione tra Province cappuccine limitrofe, venne trasferita ad Arco (TN).

Il convento, dopo un restauro radicale eseguito nel 1980, ospita l’infermeria per i frati e la mensa per i poveri. Da alcuni anni, poi, sono aperti dei locali dove sono raccolti oggetti di vita e dell’attività dei cappuccini veneti del passato. In appositi locali è custodita anche una raccolta di ceramiche e di altri vasi e strumenti sanitari che appartenevano alla farmacia dell’antico convento, una pregevole raccolta di immagini devozionali e un buon numero di matrici in rame di stampe del 1600.

[Fonte: «I nostri luoghi: cenni storici e attività attuali», in Stato personale e locale, Curia provinciale, Venezia-Mestre 2017, pp. 28-29].

Contatti

Via S. Sebastiano, 42
36061 Bassano (VI)
Tel. 0424 523814
Email: convento.bassano@cappuccinitriveneto.it

BELLUNO – Provincia di Belluno e Diocesi di Belluno-Feltre

Sebbene i Consigli comunali li avessero richiesti ancora nel 1572 – e fossero poi tornati a richiederli negli anni successivi – i Cappuccini non si stabilirono a Belluno che il 20 aprile 1605, presso la chiesa di S. Rocco, in piazza Campitello. Appena il tempo di sistemarsi che arrivò l’ingiunzione ad andarsene: la causa era l’interdetto pontificio del 1606 contro la Repubblica Veneta. È noto che in quell’occasione la Serenissima impose al clero di non obbedire a papa Paolo V. Per rimanere fedeli al papa, i Cappuccini furono costretti a lasciare il territorio della Repubblica. La gente se ne rattristò, ma quando, un anno dopo, poterono tornare, li accolse quasi in trionfo.

Da quel momento, i Cappuccini svolsero pacificamente la loro attività a Belluno fino al 1769, quando la Repubblica li mandò di nuovo a spasso. E questa volta, a Belluno, dovette passar molta acqua sotto il ponte sul Piave, prima che potessero ritornare. Il merito del loro ritorno va all’industriale Federico Morassutti, che era anche terziario francescano. Nel 1930 mise a disposizione un fondo in località Mussoi, nella periferia della città, lungo la strada che conduce nell’Agordino, di fronte alla chiesetta dei “Ss. Filippo e Giacomo” e alla casa natale del papa Gregorio XVI. E poiché proprio allora le autorità di Belluno progettavano di erigere un ossario per i caduti della guerra 1915-1918, si pensò di destinare a questo scopo la chiesa dei Cappuccini (il cui progetto fu affidato al celebre architetto bellunese Alpago Novello).

Al termine dei lavori, il 6 giugno 1937, dal cimitero urbano le salme dei caduti furono trasportate nella nuova sede; e il 28 ottobre successivo fece il suo ingresso nel convento il primo gruppo di Cappuccini. La chiesa, dedicata all’Immacolata Concezione di Maria Vergine, il 4 ottobre 1946 venne consacrata dal vescovo diocesano, il Cappuccino Girolamo Bortignon. Nel 1949 fu abbellita con l’affresco della Pietà sulla facciata e l’ampliamento del sottocoro. Nel 1956, il tempio-ossario fu promosso a chiesa parrocchiale.

A partire dal 1979, per un ventennio, il convento ha ospitato i seminaristi Cappuccini del Liceo e di altre scuole superiori.

Nel territorio della parrocchia ci sono due chiesette di particolare pregio storico-artistico: “Ss. Filippo e Giacomo” (la già citata chiesetta della Famiglia Capellari) e, in località Vezzano, “Ss. Giorgio e Sebastiano”.

[Fonte: «I nostri luoghi: cenni storici e attività attuali», in Stato personale e locale, Curia provinciale, Venezia-Mestre 2017, pp. 29-30].

Contatti

Via Gregorio XVI, 9
32100 Belluno (BL)
Tel. 0437 941989
Email: cappuccinibelluno@gmail.com

CASTELMONTE – Provincia e Arcidiocesi di Udine

Situato sulla sommità di un colle (618 m. s.l.m.) a est di Cividale del Friuli, svetta il santuario di Castelmonte, la cui fondazione sembra molto remota. Alcuni indizi fanno pensare ad un sacello, forse dei secoli V -VI, dedicato alla Madonna o a S. Michele Arcangelo (tuttora venerato nella cripta).

Alte mura racchiudono la chiesa – dedicata all’Assunzione di Maria Vergine e consacrata il 15 maggio 1744 – meta di pellegrinaggi da tempo immemorabile, attorno a cui sono sorti, in epoche successive, vari edifici. In questo luogo, importante nodo strategico per la difesa orientale della pianura friulana, esistevano già nel XII secolo una rocca e una chiesa. Il primo documento scritto che cita la chiesa risale al 1175. Una sempre crescente devozione portò qui, lungo i secoli, innumerevoli schiere di pellegrini, che venivano ripagati con indulgenze speciali: ne promulgarono di particolari i pontefici Innocenzo IV nel 1247, Urbano VI nel 1378 e Sisto IV nel 1478.

Danneggiato da un’incursione di Ungari (guerrieri a cavallo originariamente provenienti dalle steppe della Siberia occidentale) nel 1419, devastato da un rovinoso incendio causato da un fulmine nel 1469, semidistrutto dai terremoti del 1511 e del 1513, il santuario venne ampliato e abbellito nel Cinque-Seicento, ma poi privato dei suoi tesori d’arte durante la dominazione napoleonica (1797-1799).

Nel 1866 il governo italiano, appena insediatosi in Friuli, confiscò i beni del santuario e nel 1873 le autorità vietarono anche i pellegrinaggi. Nel 1913 l’arcivescovo mons. Antonio Anastasio Rossi ne affidò la custodia ai Cappuccini.

Il primo custode fu p. Eleuterio da Rovigo, che seppe far conoscere il santuario non solo in Friuli, ma anche in Italia e in molte parti del mondo, attraverso la diffusione del Bollettino “La Madonna di Castelmonte”.

Nell’ambito della seconda guerra mondiale, nel novembre del 1943 il santuario e il convento furono colpiti da ripetuti colpi di artiglieria tedesca. Incolumi i religiosi Cappuccini e la popolazione del borgo.

Il 3 luglio 1948 furono ultimati i lavori della sopraelevazione della chiesa, del tetto e del nuovo campanile. In seguito, fu costruito il nuovo acquedotto e ampliata e sistemata la strada che parte da Cividale fino al santuario. L’opera più importante del complesso è conservata proprio nel santuario. Si tratta della statua in pietra dipinta della Madonna con Bambino, eseguita certamente prima del 1479 (anno in cui venne benedetta e intronizzata) da scultori gravitanti nella sfera artistica salisburghese.

La festa più importante si celebra, ogni anno, l’8 settembre (Natività della B. V. Maria) con un grande pellegrinaggio diocesano, nel ricordo del terremoto del 1976 che causò oltre mille morti in tutto il Friuli. Il pellegrinaggio termina con la solenne S. Messa all’aperto e l’atto di affidamento alla Vergine Maria.

Dal 1968 al 1973 funzionò nell’ambito del convento un piccolo seminario serafico con due classi, V elementare e I media.

Un religioso della fraternità cappuccina serve pastoralmente la parrocchia di Prepotto, comprendente anche le comunità di Cialla, Codromaz, Oborza e Ciubiz.

[Fonte: «I nostri luoghi: cenni storici e attività attuali», in Stato personale e locale, Curia provinciale, Venezia-Mestre 2017, pp. 31-32].

Contatti

Santuario B. Vergine
33040 Castelmonte (UD)
Tel. 0432 731094 / 0432 701267
Email: info@santuariocastelmonte.it
Sito: www.santuariocastelmonte.it

CONEGLIANO – Provincia di Treviso e Diocesi di Vittorio Veneto

È quasi impossibile, arrivando nelle vicinanze di Conegliano, non rivolgere uno sguardo di ammirazione all’incantevole spettacolo di questa città adagiata sul pendio verdeggiante del colle e coronata, in alto, dal suo castello, cinto dalle sagome acute dei cipressi. Nel 1577, il podestà veneto Leonardo Donà scriveva che Conegliano si trovava in un “sito tanto vago et delizioso, che io non credo che la natura habbia altrove meglio dimostrato l’estremo della sua bellezza”. Il primitivo convento dei Cappuccini venne costruito dal 1589 al 1593 per volere dei cittadini e per interessamento di un gruppo di benefattori. Sorgeva nell’area dove oggi si trova l’ospedale civile.

Per lunghi anni quel convento fu pure sede di noviziato (nel 1648 vi trascorse il noviziato il B. Marco d’Aviano).

Negli anni furono necessari degli ampliamenti: nel 1731 fu innalzato un piano con le celle e gli altri locali necessari per i novizi e nel 1738 fu allungato il refettorio e apportate delle modifiche ad altre stanze.

Nei duecentocinquant’anni che vi rimasero, i frati non cessarono di offrire, oltre che assistenza religiosa, anche aiuto e conforto agli infermi, ai poveri, ai diseredati. E non cessarono di esercitare il ministero della predicazione, per il quale, specialmente nel Cinque e Seicento, erano ricercatissimi. Allontanati una prima volta dalla soppressione napoleonica del 1810, i Cappuccini ritornarono nello stesso convento nel 1837. Ricacciati nuovamente nel 1867 (questa volta dallo Stato italiano), non vi fecero ritorno che nel 1929. Dapprima si sistemarono provvisoriamente presso il castello, di fianco alla chiesa di S. Orsola; poi decisero di ristabilirsi a pochi passi dall’ospedale civile, cioè dove in passato sorgeva il primitivo convento. Tra l’altro, il 1° gennaio 1939 ai Cappuccini era stata affidata la cura spirituale dell’ospedale civile e della casa di ricovero.

La chiesa fu edificata su progetto dell’ing. Giovanni Morassutti nel 1944. Dedicata a S. Antonio di Padova, fu consacrata il 29 settembre 1947. Dal primo arrivo a Conegliano dei Cappuccini, chiesa e convento s’erano arricchiti di numerose opere d’arte che purtroppo vennero disperse in seguito alle soppressioni. Solo alcune vennero restituite e collocate nella nuova struttura. Fra queste merita menzione l’Ultima Cena, datata 1590 e firmata da Pietro Bernardi da Verona.

La costruzione del convento (il vecchio era stato abbattuto dopo la loro cacciata) fu iniziata nel 1945 e compiuta nel 1954. Venne destinato a infermeria provinciale, per raccogliervi i frati ammalati e anziani. L’infermeria venne inaugurata, alla presenza del Ministro generale, p. Benigno da Sant’Ilario Milanese, il 19 maggio 1956. In questi ultimi anni parte del convento subì degli ammodernamenti, per rendere più funzionale l’infermeria, recuperando nuovi spazi e adeguandola alle norme vigenti.

[Fonte: «I nostri luoghi: cenni storici e attività attuali», in Stato personale e locale, Curia provinciale, Venezia-Mestre 2017, pp. 32-33].

Contatti

Via dei Cappuccini, 18
31015 Conegliano (TV)
Tel. 0438 22245
Email: info@fraticonegliano.it
Sito: www.fraticonegliano.it

GORIZIA – Provincia e Arcidiocesi di Gorizia

Adagiata in una ridente conca ai piedi delle Prealpi Giulie e del Carso, Gorizia, per la sua particolare posizione geografica punto di contatto di varie popolazioni, è sempre stata al centro di interessi contrastanti, di incontri e di scontri. Estintasi la dinastia dei Conti di Gorizia nel 1500, la città venne ereditata dalla monarchia asburgica, ai cui destini rimase legata – tranne una parentesi di dominio Veneziano ed alcuni brevi periodi di occupazione napoleonica – sino alla fine della prima guerra mondiale per poi passare definitivamente all’Italia.

Alla fine della seconda guerra mondiale, come conseguenza del disastroso conflitto, subì lo smembramento dell’antico tessuto provinciale e l’imposizione di un tracciato di frontiera che attraversava lo stesso abitato cittadino. Vicende storiche che caratterizzarono anche la presenza cappuccina in città.

Il convento dei Cappuccini fu fondato dalla Provincia Veneta nel 1591. Per le pressioni dell’arciduca Ferdinando d’Austria, nel 1609 venne incorporato al Commissariato di Stiria, che nel 1608 era stata separata dalla Provincia Austro-Boema. La Stiria sarà anche sede della Curia provinciale.

Durante la guerra 1915-18, il convento di Gorizia fu quasi totalmente distrutto. La dissoluzione della monarchia asburgica, dopo la prima guerra mondiale, portò allo scioglimento della gloriosa Provincia della Stiria.

Nel 1923, con decreto della Santa Sede il convento dei Cappuccini di Gorizia passò alla Provincia del Veneto e Friuli-V.G., e nel 1926 fu riedificato. La chiesa primitiva, dedicata all’Assunta e a S. Francesco d’Assisi, venne ampliata negli anni 1909-10 e riconsacrata il 18 giugno 1911.

Negli anni 1960-1962 il convento fu ampliato con due nuove ali mancanti, tanto da formare un ampio chiostro. Un’ala del convento fu adibita a sede della Gioventù Francescana (GIFRA) ed è stata inaugurata il 7 ottobre 1962.

Restauri recenti (2000) hanno interessato la facciata della chiesa e un’ala del convento.

Oltre all’attività caritativa (soprattutto attraverso la mensa dei poveri) e alla pastorale tradizionale, in particolare del ministero della riconciliazione, viene curata anche l’assistenza all’Ordine Francescano Secolare (OFS), che ha qui la sede regionale. Nel 1972 fu pure affidata ai Cappuccini la cappellania dell’ospedale civile.

[Fonte: «I nostri luoghi: cenni storici e attività attuali», in Stato personale e locale, Curia provinciale, Venezia-Mestre 2017, p. 34].

Contatti

Piazza S. Francesco, 2
34170 Gorizia (GO)
Tel. 0481 536299
Email: fratigorizia@gmail.com

LENDINARA – Provincia di Rovigo e Diocesi di Adria-Rovigo

A Lendinara, i Cappuccini dimorano presso la chiesa di S. Agata. Si trovano in questo luogo dal 1835. Ma la loro presenza nella cittadina polesana risale al 1604, quando furono richiesti dalle autorità locali, anche per esortazione del podestà veneto Marc’Antonio Caruto e l’assenso del vescovo Porcia di Adria.

Nei primi tempi si stabilirono fuori città, dove costruirono un conventino e una chiesa dedicata a S. Marco Ev. (consacrata l’11 novembre 1610): una piccola chiesa che misurava pressappoco 22 metri per 11, più il presbiterio e il coro per i frati. Come in altre loro chiese, anche qui i frati dimostrarono una cura particolare per l’altare maggiore. Ne è prova il bellissimo tabernacolo in legno intagliato che, dopo la soppressione del 1810, riuscirono a ricuperare e a collocare nella loro attuale chiesa di S. Agata. La cappella laterale era dedicata a S. Felice da Cantalice, il primo Cappuccino che la Chiesa dichiarò Santo.

Lendinara diede i natali ad alcuni Cappuccini molto rinomati al loro tempo: p. Serafino Cattaneo, valido oratore e forte apologista († 1705); e p. Serafino Petrobelli († 1777), che pubblicò numerose opere di eloquenza sacra e che, per la sua cultura e le sue rare doti oratorie, qualcuno annovera “fra i più valenti predicatori del sec. XVIII”.

La soppressione napoleonica decretò la partenza dei Cappuccini. Il convento passò in proprietà del Comune e, più tardi, della famiglia Marchiori, che lo utilizzò come magazzino.

Quando nel 1835, sollecitati dalle autorità e dalla popolazione, i frati tornarono a Lendinara, dovettero cercare casa. Si stabilirono nell’ex-monastero delle monache benedettine cassinesi, che l’avevano abitato dal 1474 fino al 1810. E qui i Cappuccini rimasero, nonostante la soppressione del 1867. Chi aveva comperato il monastero, s’era riservato il diritto di proprietà, lasciando ai frati soltanto l’usufrutto. Una decisione saggia, perché impedì allo Stato di appropriarsene.

Dal 1948 il convento di Lendinara è molto noto anche per la particolare solennità con cui, ogni anno, è celebrata la festa di S. Francesco d’Assisi. Ancora oggi vi sono coinvolti, oltre all’intera città, l’Alto Polesine e la diocesi di Adria-Rovigo.

Nel secolo scorso il convento fu sede della formazione dei frati che non accedevano al sacerdozio. Fu pure sede di noviziato dal 1977 al 1987.

Dal 2006 è sede del postulato interprovinciale.

Con la collaborazione dei francescani secolari, è attivo il “Centro francescano di accoglienza per i poveri”.

[Fonte: «I nostri luoghi: cenni storici e attività attuali», in Stato personale e locale, Curia provinciale, Venezia-Mestre 2017, p. 35].

Contatti

Via S. Francesco, 17
45026 Lendinara (RO)
Tel. 0425 641044

MESTRE – Provincia e Patriarcato di Venezia

I Cappuccini giunsero a Mestre nel 1612. All’epoca Mestre, con il suo porto, costituiva un passaggio obbligato per chi da Venezia era diretto verso Treviso e verso il Veneto settentrionale, e viceversa.

Il piccolo convento sorse abbastanza vicino al “Porto delle Barche” (oggi scomparso, rimasto nella toponomastica “Piazza Barche”), su un fondo messo a loro disposizione dalla confraternita di S. Maria dei Battuti. La chiesetta, dedicata a S. Carlo Borromeo (8 aprile 1619) appena canonizzato (1610), era decisamente piccola: misurava 17,25 metri per 8,25. Aveva una sola cappellina laterale sulla parete sinistra, un modestissimo presbiterio e, come sempre, un coro per i frati.

L’abitazione dei religiosi era molto umile: i corridoi, al primo e unico piano, misuravano circa un metro e mezzo di larghezza. Tutto rimase praticamente inalterato per tutto il Sei e il Settecento, cioè fino alla soppressione napoleonica (1810). Quando, nel 1939, i Cappuccini ritornarono a Mestre, trovarono la chiesetta malandata, ma dell’antico convento non era rimasto più nulla. Si accontentarono di accomodare alla meglio le costruzioni che erano sorte sul luogo. Il 28 marzo 1940 fu riaperto il nuovo convento con una solenne funzione, presieduta da Patriarca di Venezia

Dal 1962 al 1967 costruirono l’attuale chiesa (su disegno dell’arch. Giovanni Cerutti) e convento per due motivi: per sistemare la Curia e l’Archivio provinciale (trasferitisi qui, nel 1940, dal convento della Giudecca, Venezia), e per agevolare diverse attività religiose e sociali attivate nel dopoguerra, mentre la città cresceva a ritmi particolarmente veloci.

Tra l’altro, la chiesa dei Cappuccini di Mestre è ben conosciuta da numerose “penne nere” italiane (alpini). Al suo interno, infatti, conserva un’antica icona orientale, raffigurante la B. Vergine Addolorata, conosciuta come “Madonna del Don”. L’effige sacra venne recuperata, nell’inverno del 1942, in un’isba distrutta da un bombardamento nella cittadina di Belogorje, a pochi chilometri dal fronte posto sul fiume Don. La fece arrivare in Italia, poco prima della tragica ritirata di Russia, p. Policarpo Crosara OFMCap, cappellano alpino del Btg. “Tirano” (Divisione “Tridentina”).

Fra le attività sociali svolte a Mestre vanno ricordate la “Sesta Opera”, fondata per assistere le famiglie dei carcerati e gli ex-carcerati (esperienza sfociata nella Cooperativa “G. Olivotti”), e l’opera di assistenza religiosa ai ferrovieri del compartimento di Venezia. Sul versante culturale, per un certo periodo, lavorò alacremente il Cenacolo “S. Carlo” (concerti musicali, mostre di pittura…).

Nella ricorrenza del Giubileo del 2000, è stata costruita la nuova Penitenzieria, per la celebrazione del sacramento della riconciliazione, ed è stata rinnovata e ampliata la mensa “S. Antonio” per i poveri. Oggi, grazie al sostegno di volontari e francescani secolari, essa accoglie quotidianamente circa duecento persone disagiate, per lo più immigrati.

[Fonte: «I nostri luoghi: cenni storici e attività attuali», in Stato personale e locale, Curia provinciale, Venezia-Mestre 2017, pp. 36-37].

Contatti

P.tta S. Carlo, 2
30172 Mestre – Venezia
Tel. 041 951725
Email: convento.mestre@cappuccinitriveneto.it

PADOVA – Provincia e Diocesi di Padova

I Cappuccini giunsero nel 1537, insediandosi inizialmente a Roncone, frazione di Albignasego (cittadina alle porte di Padova). Dopo vari tentativi di trovare una sede in città, riuscirono ad installarsi nel 1554 nel sobborgo di Santa Croce, nel luogo in cui le monache di Sant’Agata e Santa Cecilia avevano una grande casa con edifici annessi e un grande orto.

Il convento di Padova – per la presenza di una prestigiosa università e per le dimensioni della città – era ideale per una seria preparazione negli studi. Fin dai primi anni vennero istituiti corsi per la preparazione dei predicatori; ai corsi di teologia dogmatica si aggiunsero, nel 1618, quelli di teologia morale, destinati soprattutto ai confessori. I frati si dedicarono anche all’assistenza spirituale nell’ospedale e nelle carceri.

Studiò a Padova il futuro Superiore provinciale e poi generale dell’Ordine S. Lorenzo da Brindisi (1559-1619) che, fondando i conventi di Monaco di Baviera, Graz, Vienna, Praga, contribuì in maniera determinante alla ripresa del cattolicesimo nei territori degli Asburgo. Il santo, battezzato Lorenzo Russo, nato a Brindisi, ma fattosi francescano Cappuccino a Venezia, lasciò una considerevole mole di manoscritti (di teologia, apologetica, predicazione), che per molto tempo rimasero sconosciuti. A decifrarli e a pubblicarli s’impegnò un collegio di “Padri Editori” con un paziente e assiduo lavoro durato dal 1926 al 1944. Ne uscirono tredici grossi volumi, ai quali, dal 1954 al 1956, se ne aggiunsero altri due.

A Padova è legato in maniera indissolubile anche il B. Marco Cristofori d’Aviano (1631-1699), predicatore, missionario apostolico, taumaturgo, diplomatico, amico di S. Gregorio Barbarigo. Da ricordare anche p. Giambattista Pasinato da S. Martino di Lupari PD (†1800): appassionato cultore di scienze fisiche e chimiche, precursore dell’agronomia moderna, fu celebre per i suoi studi ed esperimenti nella coltivazione del grano e di altri vegetali, per l’uso della meccanica, dell’irrigazione, della rotazione nelle varie coltivazioni. Gli fu offerta la cattedra di Agricoltura all’università di Catania, ma egli la rifiutò per rimanere al servizio della Repubblica di Venezia

Fra il ‘700 e l’ 800 il convento è segnato da varie vicissitudini, conseguenza delle vicende politiche. Riuscì ad evitare la soppressione veneziana del 1769, ma fu costretto ad accettare la revoca dell’istituto dell’esenzione e a sottoporsi quindi alle visite del vescovo della diocesi. Nel 1810, però, arrivò la soppressione napoleonica per cui i frati furono costretti a scegliere: o l’incardinazione alla loro diocesi di origine o la secolarizzazione.

È del 1824 il decreto imperiale per il ripristino del convento, per la cui riapertura si costituì un comitato di sottoscrittori appartenenti alle varie fasce sociali, desiderosi di vedere “ripristinati i religiosi benemeriti padri Cappuccini”. Il convento venne chiuso nuovamente dalla soppressione del 1867 (leggi Siccardi). I Cappuccini trovarono ospitalità nel vicino quartiere Bassanello, per rientrare nel giugno 1872 a S. Croce, dove si trovano tuttora.

Della primitiva costruzione, tuttavia, oggi non resta più nulla. Il convento fu ricostruito negli anni 1931-1932; e la chiesa, distrutta il 14 maggio 1944 da un bombardamento aereo delle forze anglo-americane (miracolosamente illesi i frati), fu riedificata dopo la seconda guerra mondiale e consacrata il 14 maggio 1950.

Al convento di S. Croce svolse la sua silenziosa ma preziosa opera di confessore e di guida spirituale un umile e mite fraticello, la cui fama di santità travalicò presto i confini della città e del Veneto: p. Leopoldo Mandic´ da Castelnuovo di Cattaro (Herceg Novi, Montenegro). Amato e venerato in vita, invocato come santo dopo la morte († 1942), fu beatificato da Paolo VI il 2 maggio 1976 e canonizzato da Giovanni Paolo II il 16 ottobre 1983. E oggi la sua tomba continua più che mai ad essere meta di pellegrinaggi.

L’opera intrapresa da S. Leopoldo fu continuata da p. Zeno da Pescantina (1895-1964) e p. Guglielmo Vidoni da Magredis (1909-1986). Dal 1961 fu fondato da p. Pietro Bernardi il bollettino mensile Portavoce di P. Marco e di P. Leopoldo, che dal 1976 si chiamò Portavoce del Beato Leopoldo Mandić e dal 1983 Portavoce di San Leopoldo Mandić.

Altra figura importante, nella seconda metà del ‘900, fu mons. Girolamo Bortignon, vescovo cappuccino, che resse la diocesi di Padova per trentadue anni, dal 1949 al 1982. Fra le sue realizzazioni più importanti l’Opera della Provvidenza a Sarmeola di Rubano (PD), conosciuta anche come il piccolo “Cottolengo” veneto. I Cappuccini, a Padova, furono cappellani dell’ospedale “maggiore” dal 1825 al 1867, anno in cui la soppressione sabauda mise fine pure alla loro assistenza spirituale alla Casa di Forza dov’erano entrati nel 1831, e alle carceri criminali che assistevano dal 1839. Infine qualche anno più tardi, dal 1872 al 1877, furono cappellani dell’ospedale militare. In città, fin dal 1891, fu affidata ai Cappuccini la cappellania del cimitero maggiore, la cui chiesa è dedicata alla Risurrezione di N.S.G.C.

Ora, attigui al convento ci sono: il santuario di S. Leopoldo, il Centro missionario dei Frati Cappuccini del Triveneto (con un interessante Museo missionario), il Centro zonale OFS. Nel 2011 viene restaurata, su progetto dell’architetto Guido Visenti, la porta centrale della chiesa: la parte esterna è stata rivestita di un bassorilievo in bronzo; per l’occasione viene rifatta la bussola del portale d’entrata.

Nel 2008 il pensionato universitario “Laurentianum” ha cessato l’attività.

Nel 2011 la Vicepostulazione di alcuni Cappuccini (il Beato fra Tommaso da Olera, i Servi di Dio p. Giacomo Filon da Balduina e p. Lazzaro Angelo Graziani) si è trasferita a Villafranca di Verona.

[Fonte: «I nostri luoghi: cenni storici e attività attuali», in Stato personale e locale, Curia provinciale, Venezia-Mestre 2017, pp. 38-40].

Contatti

P.le S. Croce, 44
35123 Padova
Tel. 049 8801311
Sito: Santuario San Leopoldo